gianlucakugarofalo

Illustratore e art director.

Fondatore di C.atWork Creative, agenzia e scuola di illustrazione.

Venticinque anni fa iniziavo il mio mestiere di illustratore, ma…

da bambino costruivo casette di gesso per le automobiline. Le automobiline, quando cominciavano a scorticarsi nella vernice, le smontavo completamente e le riverniciavo con lo spray. Così tornavano nuove.

Dei libri, invece, preferivo guardare le figure. Ricordo dei grandi volumi con delle illustrazioni di dinosauri, tigri, leoni e persino galli.

C’era, però, un libro speciale. Lo tiravo fuori dalla libreria di mio padre. Mi sedevo nella grande poltrona e cominciavo a sfogliarne le pagine. La Divina Commedia illustrata dal Doré era un’edizione degli anni venti.

Caronte era il mio preferito.

Illustrator and art director.
Founder of C.atWork Creative, an illustration agency and school.

Twenty-five years ago I started my career as an illustrator.
as a child I made chalk houses for toy cars. When the cars started to peel off in the paint, I would take them completely apart and spray-paint them. That way they would look new again.


Of the books, however, I preferred to look at the pictures. I remember large volumes with illustrations of dinosaurs, tigers, lions and even roosters.
There was, however, one special book. I used to take it out of my father’s bookcase. I would sit in the big armchair and start flipping through its pages. The Divine Comedy illustrated by Doré was a 1920s edition.
Charon was my favourite.

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  • Una riflessione.

    Da molto tempo mi occupo di comunicazione visiva nell’illustrazione. Questo implica una continua ricerca delle basi fisiologiche, evolutive, antropologiche, sociali, storiche, sulle quali questa nostra forma di comunicazione ancora le radici. Questa ricerca chiede, contemporaneamente, un’indagine su quello che questi codici e linguaggi veicolano, il racconto.

    L’espansione dei sistemi artificiali di generazione di immagini, le AI, obbligano ora ad ulteriori approfondimenti trasversali.

    Improvvisamente un ricordo: le pitture rupestri di Lascaux.

    La natura tecnologica del genere Homo, di cui siamo l’unica specie, sapiens, si manifesta. Un’eccedenza di dati si para davanti a quei primi artisti, dati da comunicare. Un racconto trova una via per essere comunicato e trasformato in risorsa e, quindi, progresso. Ci sono mandrie da cacciare, metodi per farlo, strategie da attuare, ma in assenza degli attori, lontano da quei bovini, serve il simbolo. La natura tecnologica si accompagna a quella spirituale (non necessariamente religiosa). La simbolizzazione grafica che identifica l’unicità dell’uomo non per l’intelligenza in sé, ma per li suo essere in grado di progettare il proprio futuro, svincolandosi da una specifica nicchia ecologica e realizzando un mondo culturale.

    Se un leopardo deve attendere una variazione nel proprio DNA per trasformarsi in un leopardo delle nevi e riuscire a trasferirsi e vivere in zone fredde, l’uomo racconta a se stesso il progetto di come uccidere il leopardo e dotarsi della sua pelliccia.

    Invito alla lettura dei saggi del prof. Paolo Benanti, che non ringrazierò mai abbastanza per la visione lucida e acuta del mondo che ha saputo indicarmi.

    Nelle immagini:

    Pitture rupestri nella grotta di Lascaux e disegno di progetto di Frank Lloyd Wright.

    Autore sconosciuto.
    Frank Lloyd Wright

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